Nella prima personale di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino affiorano una sequenza di antinomie. Da una parte, l’indagine per mappare viaggi che attraversano interi territori; dall’altra, la registrazione di minime tracce del terreno con millimetrica attenzione.
Questo gioco tra il micro e il macro produce una tensione sulla dimensione di paesaggio. Come nel primo paradosso di Zenone (“Se le cose sono tante, necessita che siano esattamente il numero che sono, non più né meno. Se sono il numero che sono, sono finite. Ma se le cose sono tante, sono infinite, perché sempre in mezzo ad esse ce ne sono delle altre, e altre ancora in mezzo a queste, e così le cose sono infinite di numero. Zenone, Frammenti) nel quale il filosofo evidenzia le contraddizioni della molteplicità, così Francolino ci mostra l’infinito tra una piccola crepa vicino a noi e gli stessi schemi in una costa oceanica o nel profilo di una catena montuosa.
Nelle opere in mostra emerge questa continua dualità che ci circonda quotidianamente. Non solo gli elementi naturali, ma anche i percorsi di ricerca diventano forme irregolari che rispecchiano andamenti organici, frattali entropici che si diffondono attorno, nei tragitti e nelle crepe che assumono un infinito numero di possibilità.