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Arte Povera: Dialoghi

L’Arte Povera è stato un movimento artistico radicale italiano che ha creato un nuovo linguaggio artistico attraverso l’uso di materiali umili e quotidiani. Il termine è stato introdotto nel 1967 dal critico e curatore d’arte italiano Germano Celant per descrivere il lavoro di questi artisti. Nella loro ricerca, Celant ha individuato uno spirito rivoluzionario condiviso, indissolubilmente legato all’atmosfera politica sempre più radicale in Italia in quel periodo. Utilizzando materiali non preziosi e impermanenti, come terra, stracci e ramoscelli, gli artisti dell’Arte Povera miravano a sfidare il mercato e la commercializzazione dell’arte. Tra i principali protagonisti vi furono Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini e Gilberto Zorio.

Le opere di Gilberto Zorio (Andorno Micca, Biella, 1944) sono vasti campi di energia sia fisica che mentale. Figura chiave del movimento dell’Arte Povera, dal 1966 Zorio ha concentrato la sua esplorazione sui processi che rendono ogni opera in continua evoluzione. Attivando reazioni chimiche o fisiche, l’artista inserisce le sue opere in un ciclo vitale, osservandole come uno spettatore. Il tempo gioca spesso un ruolo cruciale, poiché solo il naturale trascorrere delle ore e dei giorni rivela appieno le trasformazioni che le opere attraversano.

Gilberto Zorio, 1944
Stella, 1976
Parchment on synthetic rubber on masonite
70 x 100 cm - - 27 1/2 x 39 3/8 in

Michelangelo Pistoletto è nato a Biella nel 1933. Ha iniziato a esporre il proprio lavoro nel 1955 e nel 1960 ha tenuto la sua prima mostra personale presso la Galleria Galatea a Torino. Un’indagine sul tema dell’autoritratto caratterizza le sue opere iniziali. Nel biennio 1961-1962, Pistoletto ha realizzato i primi Quadri Specchianti, che includono direttamente lo spettatore e il tempo reale nell’opera, aprendo la prospettiva e invertendo il canone rinascimentale, chiuso dalle avanguardie del Novecento. Queste opere hanno rapidamente portato Pistoletto a una fama internazionale, conducendo, negli anni Sessanta, a mostre personali in importanti gallerie e musei in Europa e negli Stati Uniti.

Michelangelo Pistoletto, 1933
Il telefono, 1970
Coloured Silkscreen On Stainless Steel
70 x 100 cm - - 27 1/2 x 39 3/8 in
Michelangelo Pistoletto, 1933
Cabina Telefonica, 2007
Silkscreen on polished stainless steel
250 x 250 cm -98 3/8 x 98 3/8 in

I Quadri Specchianti costituiscono la base della sua successiva produzione artistica e del suo pensiero teorico. Nel 1965 e 1966 ha realizzato una serie di opere intitolate Oggetti in Meno, considerate fondamentali per la nascita dell’Arte Povera, movimento di cui Pistoletto è stato una forza trainante e un protagonista. Nel 1967 ha iniziato a lavorare al di fuori degli spazi espositivi tradizionali, con le prime manifestazioni di quella “collaborazione creativa” che avrebbe sviluppato nei decenni successivi, riunendo artisti di diverse discipline e settori della società.

Giulio Paolini, 1940
Untitled, 1985
Pencil and collage on paper
70 x 100 cm - 27 1/2 x 39 3/8 in

Nato a Genova nel 1940, Giulio Paolini vive a Torino. Dopo la sua prima partecipazione a una mostra collettiva nel 1961 e la sua prima personale nel 1964, ha esposto innumerevoli volte in gallerie e musei di tutto il mondo. Importanti retrospettive sono state organizzate dallo Stedelijk Museum di Amsterdam (1980), dal Nouveau Musée di Villeurbanne (1984), dalla Staatsgalerie di Stoccarda (1986), dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1988), dalla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz (1998) e dalla Fondazione Prada di Milano (2003). Le più recenti mostre antologiche si sono tenute presso la Whitechapel Gallery di Londra (2014), la Fondazione Carriero a Milano (2018) e il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di Rivoli, Torino (2020).

Giulio Paolini, (b.1940)
L'altra figura (The Other Figure) (1983)
Two whole and one fractured plaster casts, white plinths.
Each bust: 45 x 23 x 23 cm Each plinth: 120 x 40 x 40 cm.

La produzione artistica di Giulio Paolini costituisce un’approfondita esplorazione del processo creativo nell’arte. L’opera esiste in una dimensione preesistente, anche se in modo platonico, rispetto all’artista che si impegna a renderla tangibile, invitando lo spettatore a elaborare la propria interpretazione. Paolini si interroga sul ruolo dell’artista, sugli strumenti della rappresentazione, sul legame tra autore e opera, tra opera e spettatore, e tra spettatore e artista.
L’opera L’altra figura (1983), si compone di due calchi in gesso della copia romana in marmo del volto dell’Atena Lemnia di Fidia, una delle tre statue bronzee presenti nell’Acropoli di Atene in onore della dea della saggezza Atena.
Pur manifestando una calma apparente, i due busti sembrano interrogarsi se quei frammenti siano parte di essi e paiono riflettere sull’irrecuperabilità del passato. L’aura di mistero e l’allusione all’assenza evocano temi quali la malinconia e la nostalgia per il passato classico, il calco costituisce per Paolini uno strumento privilegiato per riflettere su tematiche quali la visione, la duplicazione dell’immagine, il rapporto tra l’immagine e il tempo della storia.

Jannis Kounellis, 1936 - 2017
Untitled, 2000
Iron and jute rugs
103 x 70 x 42 cm - - 40 1/2 x 27 1/2 x 16 1/2 in

Nato in Grecia e attivo in Italia dalla fine degli anni ’50, Jannis Kounellis ha sviluppato le sue nozioni di spazio e forma basandosi sugli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma e sulle interazioni con i grandi maestri della pittura italiana, da Giotto a Masaccio fino a Caravaggio. Attraverso l’uso di materiali grezzi, naturali e sintetici come lastre di metallo, telai di letti, porte, mensole, cotone, lana, cera, ferro, piombo, legno e carbone — strutturati o collocati su scaffali, insieme all’incorporazione di elementi vegetali e animali — Kounellis ha orientato la sua ricerca verso la rottura delle convenzioni linguistiche dell’arte, in linea con le pratiche dell’Arte Povera. Utilizzando il fuoco, ha arricchito le sue opere con riferimenti antropologici e filosofici, giungendo a una riflessione originale sui concetti di storia e memoria.

Jannis Kounellis, 1936 - 2017
Untitled (JJ), 1961
Paint on paper
71 x 100 cm - - 28 x 39 3/8 in

Alighiero Boetti (Torino, 16 dicembre 1940 – Roma, 24 aprile 1994)  iniziò a esporre le sue opere a metà degli anni ’60, in un periodo di sperimentazione in Italia che avrebbe ridefinito il processo artistico. Sebbene inizialmente parte del movimento Arte Povera, Boetti intraprese un cammino indipendente, mettendo in evidenza il divario tra concetto ed esecuzione nelle sue opere. Al centro della sua pratica c’era l’aspetto intellettuale della creazione artistica, esplorando sistemi logici e idee astratte, creando continuamente nuovi modi per comprendere e percepire il mondo.

Alighiero Boetti, 1940 - 1994
Aerei, 1978
Ballpoint blue pen on paper
36.4 x 81.3 cm - - 14 3/8 x 32 1/8 in
Alighiero Boetti, 1940 - 1994
Un pozzo senza fine, 1991
Embroidery
24 x 24 cm

L’esplorazione del linguaggio da parte di Alighiero Boetti prende forma nelle sue opere ricamate, che trasmettono enigmi con brevi frasi, detti invertiti e giochi di parole, concepiti negli anni ’70. Un esempio di un’opera ricamata successiva è Un pozzo senza fine (1991).

Dialoghi

Salvo, 1947-2015
La tartaruga e l'aquila , 1972
Marble gravestone
45 x 65 cm - 17 3/4 x 25 5/8 in

Alla fine degli anni ’60, Salvo iniziò a collaborare con artisti concettuali americani come Joseph Kosuth, Robert Barry e Sol Lewitt. Da quel momento, la sua opera iniziò a mostrare caratteristiche chiave che sarebbero diventate essenziali nella sua ricerca, esplorando il tema del Sé, l’autocompiacimento narcisistico e il rapporto con il passato e la storia della cultura. Questi temi emersero chiaramente negli anni ’70 con la serie 12 Autoritratti, in cui Salvo realizzava fotomontaggi applicando il proprio volto su immagini tratte da giornali.

Contemporaneamente, Salvo realizzò lapidi in marmo su cui incise parole o frasi come Idiota e Respirare il padre. È importante notare che, sebbene queste opere siano state create nel contesto dell’Arte Povera, le loro connotazioni monumentali e arcaizzanti vanno oltre il movimento, rivelando una prospettiva unica che preannuncia ciò che si manifesterà nelle sue opere future.

Salvo, 1947-2015
L'uomo che spaccò la statua del dio, 1972
Marble gravestone
45 x 65 cm - 17 3/4 x 25 5/8 in

Combinando un’estetica minimalista con approcci analitici di natura concettuale, Gianni Piacentino (Coazze, Torino, 1945) avvia un progetto di ricerca a metà degli anni Sessanta che si intreccia con quello dei protagonisti dell’Arte Povera, partecipando a numerose mostre collettive, tra cui Arte povera più azioni povere ad Amalfi nel 1968.

Gianni Piacentino, 1945
Decorated Bar with Striped Wings, Propeller Plate, Initials, I, 1979
Nitro-acrylic enamel on aluminum, painted and silver-plated bronze and brass
9 x 170 x 4.3 cm - 3 1/2 x 66 7/8 x 1 3/4 in

Dopo la mostra Arte abitabile del 1966 alla Galleria Sperone di Torino, Piacentino condivide con Piero Gilardi e Michelangelo Pistoletto l’idea di un’arte che entri concretamente nell’ambiente. In questo contesto, crea strutture essenziali che evocano oggetti quotidiani, spogliati di peso e volume.

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