Ciò che amo è agire sulla tela. Agire significa graffiare, strappare, macchiare, invadere la tela con il colore, in breve, tutto ciò che non è ‘dipingere’.
Hans Hartung nasce nel 1904 a Lipsia in Germania. Studia filosofia e storia dell’arte all’Akademie der Bildenden Künste di Lipsia e poi di Dresda, quindi si trasferisce a Monaco per studiare con il pittore Max Doerner. I suoi entusiasmi giovanili sono rivolti ai grandi maestri: Rembrant, el Greco, Goya, Matisse, Picasso e, negli anni venti (1926 – 27), la scoperta del Cubismo.
Entro il 1930 ha già esposto le sue opere su carta (acquerelli, carboncino, sanguigna) in numerose gallerie in Europa, collezionate anche nella prestigiosa collezione di Albert Eugene Gallatin a Philadelphia. In queste opere, ogni segno, ogni macchia ha già un significato, i segni appaiono già indipendenti dalla figurazione: costituiscono nuclei espressivi che si svilupperanno progressivamente negli anni successivi.
La morte del padre, nel 1932, segna profondamente il pittore, che si trasferisce con la moglie, la pittrice Anna – Eva Bergman dapprima a Parigi e poi, con l’incalzare dell’orrore nazista, a Minorca.
Sono anni importanti per la crescita della ricerca artistica di Hartung: abbandonato definitivamente il Cubismo, riabbraccia una pittura più istintiva.
Torna a Berlino nel 1935, ma il regime nazista rende ormai impossibile la sua vita; i suoi beni sono bloccati, deve fuggire; si stabilirà definitivamente a Parigi, dove frequenta il salotto di Jean Hélion e Henry Goetz: incontra Kandinsky, Mondrian, Manganelli, Mirò, con i quali espone alla galleria Pierre.
La situazione finanziaria dell’artista diviene sempre più precaria con l’avanzare della guerra. Nel 1939 Si iscrive alle liste volontarie della Legione Straniera, con cui combatterà in Nord africa, in Spagna e infine in Francia, dove rimarrà gravemente ferito, perdendo una gamba.
E’ solo nel 1945 – 46 che Hartung tornerà a Parigi, dove ricomincia a dipingere. Nel 1947 presenta alla sua prima personale alla Galleria Lydia Conti, con opere caratterizzate dalla dinamica espressionista, in uno svolgimento imprevedibile e dalle forme drammaticamente dinamiche.
Negli anni Cinquanta le opere di Hartung vengono esposte in in tutto il mondo: Advancing French Art a New York, Baltimora e San Francisco nel 1951; Kunsthalle di Basilea e Biennale di Venzia, nel 1952; partecipa alla prima Documenta a Kassel nel 1955, per citarne alcune. Riceve il Guggenheim International Prize nel 1956 e il Gran premio per la pittura della Biennale di Venezia nel 1960.
Affermato artista, Hartung è un esponente di punta dell’Art Informel, codificata nel 1962 per la prima volta nel saggio omonimo di Jean Paulhan. La ferma convinzione dell’importanza della gestualità è fondamentale per la formulazione dello stile unico di Hartung. L’assoluta fisicità delle opere degli anni Sessanta e Settanta, pur governata da bozzetti preparatori, disegni preliminari, mostrano l’evoluzione del linguaggio visivo dell’artista.
Nel 1976 pubblica le proprie memorie (Autoportrait) e l’anno seguente entra a far parte dell’Académie des Beaux-Arts di Parigi. Ancora nel 1977 tiene la prima mostra di fotografie al Cercle Noroit, Arras, mentre il Centre Georges Pompidou ne organizza una dedicata alle sue incisioni e litografie poi esposta in altre sedi in Francia nei quattro anni seguenti.
L’intensità del processo creativo e della ricerca di tecniche innovative si rinnova nell’ultima fase della sua carriera: aerografo, rami di ulivo della casa in Costa Azzurra, concorrono alla creazione di opere vigorose fatte di graffiature e brillanti macchie di colore.
Nel 1981 la Städtische Kunsthalle Düsseldorf, la Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco e la Henie-Onstad Foundation di Oslo presentano un’ampia retrospettiva della sua opera dopo l’assegnazione del primo premio intitolato a Oskar Kokoschka assegnato dal governo austriaco. Nel 1985 è presentata un’altra retrospettiva al Grand Palais di Parigi.
Le opere di Hans Hartung sono oggi conservate nei più importanti musei del mondo: Neue Nationalgalerie, Berlino; Wallraff-Richartz -Museum, Colonia; Tate Gallery; londra; Musée Royaux des Beux Arts, Bruxelles; Guggenheim di New YorkM MOMA, New York; Centre Pompidou, Parigi; GNAm, Roma; Kenya Art Museum, Nairobi; Stedeklik Museum, Amsterdam; Kunstmuseum, Basilea, solo per ctarne alcuni.
Hartung muore nel 1989 ad Antibes, Francia.
Fonti:
HARTUNG and Art Informel, London , catalogo pubblicato della mostra presso Mazzoleni Londra, 25 Ottobre 2019 – 18 Gennaio 2020, con testi di Alan Montgomery