Enrico Baj, nato a Milano nel 1924, è uno dei più noti artisti italiani. Prolifico saggista e polemista, Baj ha attraversato gli anni Cinquanta e Sessanta, accanto a Fontana, Manzoni e Klein, stringendo rapporti con il gruppo Cobra, Duchamp, gli esponenti del Nouveau Réalisme e della Patafisica. Grande sostenitore dei movimenti surrealista e dadaista, Baj sperimenta spesso nuove tecniche e soluzioni stilistiche, realizzando collage e assemblaggi misti con i materiali più diversi, tra cui tessuti, metalli, specchi e vetri colorati.
Il 1951 è un anno importante per Baj: la sua prima mostra personale si tiene alla Galleria San Fedele. Nello stesso anno fonda con Sergio Dangelo e Gianni Dova il Movimento Nucleare, un gruppo di artisti che criticano l’uso dell’energia nucleare dopo i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. In seguito, nel 1954, con Asger Jorn, fonda il Mouvement International pour une Bauhaus Imaginiste, una critica diretta all’arte razionalista e alla “razionalizzazione forzata”.
Questo tema si protrae per tutta la carriera di Baj e nel 1957 redige il manifesto Contro lo stile, che sferra un attacco virulento al formalismo e alla sua serialità. I collage di Baj danno spazio visivo alla sua crociata contro gli stereotipi, con un messaggio essenzialmente dissacrante che spesso sfocia nel grottesco.
Nel 1960 Baj debutta a New York nell’ambito della mostra Surrealist Intrusion in the Enchanters’ Domain, organizzata da Marcel Duchamp e André Breton alla D’Arcy Galleries. L’anno successivo, le sue opere saranno incluse nella storica mostra al MoMA di New York, curata da William Seitz, Art of Assemblage (1961). In Francia, André Breton lo invita a esporre con i surrealisti e nel 1963 gli dedica un saggio pubblicato sulla rivista “L’oeil” di Rosamond e George Bernier. A Baj viene poi dedicata una sala, alla Biennale di Venezia del 1964, con una presentazione di Raymond Queneau.
Dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconi e negli anni Settanta gli vengono dedicate le prime importanti retrospettive (Palazzo Reale, Milano; Museum Boijmans van Beuningen, Rotterdam; Palais des Beaux-Arts, Bruxelles), a cui si aggiungono tre grandi mostre nel 1971 a Palazzo Grassi, Venezia; al Museum of Contemporary Art, Chicago; al Musée de l’Athénée, Ginevra.
Baj è stato anche un abile incisore e ha lavorato sui testi di poeti e scrittori, accompagnando i libri con stampe e multipli, da Lucrezio e Tacito a Lewis Carrol, André Breton, Edoardo Sanguineti, Roberto Sanesi, Umberto Eco e Alda Merini.
Negli anni Novanta l’attenzione di Baj si concentra sul ciclo Maschere tribali, che consiste nell’utilizzare materiali di scarto assemblati per creare maschere ironiche e dai colori vivaci. A queste opere sono seguite le serie Feltri (1993-98) e Totem (1997).
Scrittore instancabile, ha pubblicato numerosi libri, dall’Automitografia (Rizzoli, 1983) a quelli di storia dell’arte e Che cos’è la Patafisica (Lanfranchi, 1994).
Oggi le sue opere sono presenti in collezioni di tutto il mondo, tra cui il MoMA di New York, il Museum of Fine Arts di Houston (MFAH), il British Museum e la Tate Modern in Inghilterra, l’Irish Museum of Modern Art (IMMA) di Dublino e lo Stedelijk Museum voor Actuele Kunst (S.M.A.K.) di Gand. In Italia, le sue opere si trovano in numerose istituzioni, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, il MUSEION, Bolzano, la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo (GAMeC) e il Museo del Novecento, Milano.
Enrico Baj muore a Vergiate (Varese) nel 2003.